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Giacomo Dascanio, “Il modo migliore per riconoscere una necessità, è viverla sulla propria pelle.”

OLOS varese Giacomo Dascanio
Il modo migliore per riconoscere una necessità, è viverla sulla propria pelle. Provare cosa significa, cosa serve e cosa manca. E poi ascoltare quella voce interiore che dice convinta: “Ecco, ecco quello che voglio fare”.
Giacomo nella vita giocava a calcio, Giacomo nella vita avrebbe voluto continuare a fare quello almeno per un po’: perché lui, con il pallone tra i piedi, era anche piuttosto bravo. “Ho giocato nel Varese, fino al fallimento del 2004: ero arrivato a buoni livelli, insomma. Poi, un giorno mi sono rotto il crociato e ho capito subito che quell’infortunio avrebbe messo la parola fine alla mia carriera. Ho smesso di fare il calciatore, ma ho provato sulla mia pelle la necessità e l’importanza di un percorso di recupero organizzato e strutturato”.
 
Oggi, di cosa si occupa?
Principalmente, sono un kinesiologo: io arrivo nell’ultima parte della riabilitazione, dopo il lavoro del fisioterapista. Non ho dimenticato l’amore della mia vita, che è lo sport: ma dopo il calcio, il mio mondo è diventato la pallacanestro: per 9 anni sono stato preparatore a Gazzada, da 3 seguo i ragazzi della Robur et Fides. In più, affianco i runners nella loro preparazione lavorando sulle dinamiche e le meccaniche di corsa.
 
E qui in Olos?
Sono arrivato nel 2015 per occuparmi dei pazienti affetti da sclerosi multipla. Loro, oggi, sono la mia quotidianità in Olos
 
E che quotidianità è?
Una quotidianità diversa ogni giorno, ogni momento, ogni ora. La sclerosi multipla viene anche chiamata “la malattia fiocco di neve” perché non c’è mai un caso uguale all’altro, sono tutti diversi: nelle dinamiche, nel percorso, nel decorso.  Solitamente la mia figura interviene alla fine del percorso riabilitativo e quindi ha a che fare con situazioni più leggere: con la sclerosi multipla, non è così.
 
Perché?
Perché non puoi curare, puoi solo gestire: e ogni situazione di prende e ti cambia, spesso facendoti crescere. Con questi pazienti si crea un rapporto fortissimo, che non può limitarsi all’ora di terapia: spesso si esce insieme a mangiare la pizza, un paziente mi ha persino invitato al matrimonio di sua figlia.
 
La frase più bella che si è mai sentito dire?
“Non voglio più vederti”. Me l’ha detta un paziente che stava facendo un percorso molto lungo qui in Olos, ed era passato sotto le mani di tutti. Dopo tre sedute con me, mi ha detto così: “Ora sto bene, non voglio più vederti. Vediamoci fuori, beviamo l’aperitivo insieme, ma qui basta”. Non c’è nulla di più bello, ed è la differenza tra cliente e paziente: con un cliente lavori perché torni da te, con un paziente lavori – o dovresti farlo – perché non torni più.
 
Una parola per definire Olos.
Reputazione. Perché non siamo noi a dire che siamo bravi. Sono gli altri, sono i nostri pazienti, sono le persone che hanno avuto a che fare con Olos. Sono loro, a ripeterci in continuazione quanto si trovano bene con noi.

Dott. Giacomo Dascanio

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